La mostra Mosso e Colonnetti: la biblioteca di Pollone 1960 si inaugura domani 6 novembre, alle ore 16.30, presso la biblioteca B. Croce di Pollone (BI).
Tomorrow November 6th, the exhibition Mosso e Colonnetti: la biblioteca di Pollone 1960 will be opened at 4.30 pm 6.30, at the public library B. Croce di Pollone (BI).
da «Casabella» 794, ottobre 2010, p. 85
Né periferia, né provincia
L’incontro tra un grande scienziato e un giovane architetto a pochi passi dall’eremo biellese di Benedetto Croce
«Ci fu un tempo, difficile da dimenticare, in cui un piccolo gruppo di amici fida ti si ritrovava con il più spontaneo piacere per liberare l’animo dall’odioso peso del sospetto, del silenzio prudente, delle preoccupazioni e dei pericoli improvvisi. Ciò avveniva in molte case e città. Il tempo cui alludo fu quello del fascismo. Il gruppo, di cui posso parlare con maggiore conoscenza, era quello che di solito si ricostruiva ogni estate nel Biellese, a Sordevolo e a Pollone […]. Due erano i ritrovi principali: la villetta abitata, credo dal 1934, da Benedetto Croce a Pollone e la villa da molto più tempo di proprietà di Annibale Germano a Sordevolo» [1]. Con queste sommesse parole Franco Antonicelli descrive, in una pagina di ricordi scritta in memoria dell’amico Gustavo Colonnetti, il particolare ambiente che si veniva a creare durante la seconda metà degli anni Trenta in alcune residenze estive di questi due piccoli paesi ai piedi delle montagne biellesi: qui alcune personalità carismatiche radunavano élites colte di stampo liberale in parte legate alla città di Torino, letterati, giornalisti, artisti che frequentavano casa Germano a Sordevolo, dove viveva Antonicelli e le residenze estive di Croce e di Colonnetti a Pollone.
È questa la premessa culturale che crea l’ambiente fecondo per il successivo progetto di un edificio sperimentale affidato a un architetto poco più che trentenne che ospiterà una biblioteca per i neanche 3.000 abitanti di Pollone.
Gustavo Colonnetti, professore al Politecnico di Torino, scienziato, presidente del CNR, legato per rapporti personali e di lavoro a molti tra i più noti architetti italiani del periodo, affida al giovane allievo Leonardo Mosso il progetto di un edificio a cui tiene particolarmente prima ancora di vederlo disegnato, essendo dedicato alla memoria del figlio mancato prematuramente. Si tratta dunque di una scommessa nella missione stessa della biblioteca che deve formare la mente delle giovani generazioni e al tempo stesso una prova di fiducia verso un giovane promettente architetto che, fresco di laurea, era partito per la Finlandia per lavorare presso l’atelier di Alvar Aalto e anche verso Biella, che si appresta ad accogliere una preziosa opera di architettura e che custodisce le origini della famiglia Mosso.
La biblioteca trova il suo spazio nel cortile di casa Colonnetti e arretra sul filo stradale della via centrale del paese, dando al contempo quella necessaria impressione di intimità e umiltà condivise dal committente e dal suo architetto. Il risultato è uno scrigno di vetro che trasmette serenità e accoglie con fiducia i giovani. Questa piccola istituzione è rivolta, come scriveva Colonnetti nel 1926, molti anni prima di pensare a quest’opera, a colui che «nel raccoglimento del suo spirito scoprirà la scintilla viva sotto la cenere, e sentirà in sé risvegliarsi il fuoco che brillava già un giorno nelle sue prime inconsapevoli curiosità infantili»[2]. Probabilmente è proprio la lungimiranza del committente, la sua brillante intelligenza e la grande fede nella missione della conoscenza, condivisa e portata avanti con altrettanto ardore dalla moglie Laura Badini Confalonieri, lettrice appassionata e colta che amava avvicinare i suoi numerosi figli e tutti i giovani alla cultura, a indurre Mosso a scrivere nel 1960, prima di essere partner italiano di Alvar Aalto, a proposito della Maison Carré del maestro finlandese: «Questa prima architettura latina di Alvar Aalto è il frutto di una di quelle affinità elettive che provvidenzialmente spingono gli uomini ad incontrarsi: un architetto da un lato, e dall’altro un cliente eccezionale per sensibilità e per lunga consuetudine con le opere d’arte»[3]. Non escludiamo che Leonardo Mosso, che stava lavorando alla biblioteca di Pollone mentre scriveva queste parole proprio sulle pagine di «Casabella», si riferisse non solo alla stretta relazione tra Louis Carré e la sua splendida collezione d’arte e Alvar Aalto che aveva per lui studiato con attenzione estrema la collocazione di ogni opera, bensì pensasse al contempo alla sua esperienza con Gustavo Colonnetti nel biellese.
Francesca Chiorino
note
1 Cfr. catalogo della mostra, Ci fu un tempo, ricordi fotografici di Franco Antonicelli 1926-1945, Regione Piemonte 1977, p. 24.
2 Dalle bozze di stampa della prefazione del volume G. Colonnetti, I Fondamenti della statica, Utet, Torino 1927, non pubblicate per le critiche ivi contenute apparse all’editore inopportune in regime fascista, poi pubblicato in Colonnetti inedito, Sandro Maria Rosso Editore, Biella 1978, p. 14.
3 L. Mosso, Una casa di Alvar Aalto nei dintorni di Parigi, La Maison Carré, in «Casabella», n. 236, febbraio 1960.