Milano, Modena, Torino, Fregene – visite 2021
in collaborazione tra Forgotten Architecture e ProViaggiArchitettura, col sostegno di Edilpiù e Archivia
«Tutto si può dimenticare: una canzone, il nome di una persona, il regista di un film. Dimenticare è facile. Che cosa salva dall’oblio, allora? La memoria collettiva. Forgotten Architecture serve a questo: a preservare la memoria collettiva. È un’esperienza di gruppo virtuale, nata su Facebook, che ha come obbiettivo quello di riscoprire architetture moderne dimenticate nel mondo. L’idea è semplice: recuperare progetti di architetti poco noti, sconosciuti, opere lasciate nell’ombra dei maestri, approfondire “figure minori”, unire le diverse formazioni didattiche in Storia dell’Architettura per integrare il proprio percorso universitario. Forgotten Architecture è un mondo popolato da più di 26.000 persone, provenienti da ambiti professionali diversi, architetti-studenti, architetti-professionisti, architetti-giornalisti. Annulla le barriere sociali e trasforma gli esseri umani in users a piede libero. Perché è dimenticato? Da chi è dimenticato? Stiamo costruendo una narrazione attraverso l’unione di teste che interagiscono, commentano, condividono. In quasi tre anni Forgotten Architecture è diventato molte cose, e oggi prende le sembianze di un tour in quattro architetture italiane alle quali siamo particolarmente affezionati. L’idea di aprire al pubblico questi spazi privati è frutto della collaborazione con ProViaggiArchitettura, da 25 anni specializzata nell’organizzazione di itinerari di architettura contemporanea, il sostegno di Edilpiù – porte e finestre, e la collaborazione di Archivia per la realizzazione di quaderni personalizzati con i disegni delle case.
15 maggio
Cesare Leonardi, Casa Mescoli-Goich, Modena, 1984-93
+ visita all’Archivio Architetto Cesare Leonardi
Cesare Leonardi nasce a Modena il 3 giugno 1935. Si laurea nel 1970 presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Firenze, dove segue i corsi di Leonardo Savioli, Ludovico Quaroni, Leonardo Ricci e Adalberto Libera. Leonardi era un vero genio multiforme, in un unico personaggio convivevano la sua figura di architetto, designer e urbanista con quella di fotografo, pittore e scultore con una predilezione per il legno, ricordo tangibile dell’esperienza maturata nella falegnameria di famiglia. Abbiamo l’onore di visitare la Casa Mescoli-Goich a Modena, progettata da Leonardi tra il 1984 e il 1993, e il suo studio, che oggi ospita l’archivio. La ristrutturazione di una tipica casa binata modenese degli anni Cinquanta – avvenuta in più fasi tra il 1983 e il 1993 – documenta un approccio totale al tema dell’abitazione, dalla rielaborazione della spazialità interna fino al progetto degli arredi con il sistema modulare Solidi e alla piantumazione del giardino. Casa Mescoli-Goich nasce come incarico professionale e si trasforma in un’amicizia duratura tra Leonardi e i proprietari. Negli anni infatti la casa si popola di nuovi oggetti che costituiscono oggi la collezione personale di Leda Goich e Ivano Mescoli. All’interno dello spazio progettato dialogano in maniera inedita pitture ad olio e composizioni fotografiche, il design in vetroresina degli anni Settanta e i primi prototipi di sedute in legno giallo, sculture e plastici di studio, restituendo un concentrato del pensiero e del modo di operare di Cesare Leonardi calato in una dimensione visionaria e insieme domestica.
5 giugno
Andrea Bruno, Studio di Ezio Gribaudo, Torino, 1954
All’inizio degli anni Settanta l’artista Ezio Gribaudo compra un terreno a 50 metri da casa sua a Torino e chiede al suo amico architetto Andrea Bruno di progettare il suo nuovo studio. Gribaudo aveva conosciuto Bruno durante gli anni di studio presso la Facoltà di Architettura, che l’artista non ha poi mai concluso pur rimanendo sempre particolarmente legato alla dimensione architettonica anche grazie alla sua pratica scultorea. Bruno progetta per l’artista un edificio in cemento armato a vista, la cui superficie è disegnata secondo una geometria lineare, composto da cubi aggettanti che sporgono verso l’esterno, con ampie finestre e tagli di luce nel cemento. Gli spazio interni sono suddivisi su tre livelli, l’elemento caratterizzante (anche qui) dello spazio è la scala-libreria che si fa protagonista del progetto, una sorta di scultura che riprende anche le forme delle opere di Gribaudo, di cui una, a forma di dinosauro, è proprio conservata all’ingresso dello studio. Le superfici esterne della casa si fanno anche manifesto parietale dell’opera di Gribaudo stesso e conservano due pezzi unici da lui concepiti.
12 giugno
Giuseppe Perugini, Uga De Plaisant e Raynaldo Perugini, Casa Albero – Casa Sperimentale, Fregene RM
Corre l’anno 1968 e Fregene è invasa dalla borghesia romana alla ricerca di un lotto dove costruire la casa al mare, luogo dove oziare e rifugiarsi nei torbidi mesi estivi. Ville e complessi alberghieri costellano questa porzione di costa facendo di lei una delle località balneari più ambite della regione. Per Giuseppe Perugini, invece, Fregene è molto di più di un luogo di passaggio. Ed è proprio qui che, alla fine degli anni Sessanta, l’architetto compra un terreno nei pressi della Pineta assieme alla moglie, Uga De Plaisant — anch’essa professionista del settore — per costruire la sua casa al mare. Una volta cresciuto e iscrittosi alla facoltà di Architettura, anche il figlio Raynaldo inizia a partecipare alla realizzazione della casa — «venivamo soprannominati i “3P”», racconta Raynaldo — trasformando questo progetto in un caso unico e raro di auto-progettazione familiare. Perugini, venuto dall’Argentina con l’intenzione di fare lo scultore ripiegando solo successivamente sull’architettura, pensa e realizza la Casa Albero come una casa continuum, un eterno work in progress dove esperire il senso della vita tramite il rapporto diretto con la natura circostante. Il suo essere un cantiere perpetuo la rendeva modificabile ed espandibile all’infinito.Questo complesso residenziale è formato da tre edifici di tipologia diversa. Il primo, il cuore del sistema, è proprio la casa, disegnata con una struttura aperta, infinitamente modulare, in calcestruzzo grezzo, vetro e acciaio tinto di rosso. Accanto ad essa, Perugini realizza la “palla”, una sfera di 5 m di diametro concepita come appendice esterna, a sua volta esempio di struttura abitativa. «Da ragazzo usavo questo spazio come sala prova per suonare la chitarra elettrica insieme agli amici — dice Raynaldo — le sue caratteristiche acustiche erano perfette». Una struttura sferica — forma perfetta e simbolo della compiutezza e della perfezione cosmica — attrezzata come una casa indipendente stavolta però unitaria. Il terzo edificio è il risultato dell’unione di tre volumi funzionali chiamato “cubetti”: moduli spaziali cubici intervallati da semi-moduli contenenti i servizi, camera da letto, soggiorno e cucina in meno di 40 mq».